martedì 3 dicembre 2013

Recensione di "Octavarium" dei Dream Theater, a cura di Davide Cangiano.


Tracklist
1.The Root Of All Evil
2.The Answer Lies Within
3.These Walls
4.I Walk Beside You
5.Panic Attack
6.Never Enough
7.Sacrificed Sons
8.Octavarium
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Dopo lo sperimentale "Train Of Thought", che riprendeva un po' le sonorità cupe e oscure di "Awake", ma senza arrivare ad eguagliarlo, ecco che i Dream Theater sfornano un disco chiamato "Octavarium", loro ottavo lavoro in studio. Quindi il numero simbolico è l'otto per questo disco, infatti ci sono 8 tracce, che analizzeremo a seguire, che a loro volta hanno diverse chiavi di tonalità sulle quali girano, tranne l'ultima e la prima che girano entrambe sul Fa, ma è tutto fatto per rendere tutto un "perfetto cerchio" e quindi rispecchiare un'ottava.
La formazione per questo disco è composta da: John Petrucci, il virtuoso chitarrista uscente dal suo progetto solista, il quale presentò alcuni estratti al G3, dove suonò con Satriani e Vai, poi abbiamo il tastierista Jordan Rudess, il batterista Mike Portnoy, il bassista John Myung e il cantante James LaBrie.
Allora si incomincia con un Fa solenne premuto dal dito di Rudess e qualche effetto elettronico accompagnato dal battere forte di Portnoy e da una chitarra enigmatica di Petrucci: "The Root Of All Evil" è un pezzo che si impossessa del tuo corpo, ti entra dentro con quella voce e quei riff veramente aggressivi che sanno di urlo di liberazione. Il ritornello è stupendo, non c'è che dire, soprattutto a livello testuale, il pezzo infatti riprende la "saga" sull'alcolismo di messer Portnoy che aveva cominciato nel 94 con "The Mirror"(pezzo monumentale), poi continuato con "The Glass Prison" e "This Dying Soul". Si distinguono molto anche gli assoli di Petrucci e Rudess. Un ottimo inizio allora per il quintetto, davvero esplosivo. Con un melodia pianistica si passa ad un cinguettio e poi di nuovo al piano e alla voce di James che sembra in ottima forma e a suo agio su questa melodia. "The Answer Lies Within" è una ballad veramente piacevole che passa via come una brezza marina, ed è posizionata bene nel disco soprattutto perché si contrappone perfettamente con la precedente. La seguente è "These Walls", la quale gira su una buona melodia synth di Rudess. La canzone è altalenante, con il suo crescendo dai versi al ritornello. Il testo piacerà a chi come me, è un timidone, ed erge dei muri nelle relazioni con le persone, sopratutto con le donne. Ora arriva l'episodio ispirato al sound degli U2 ovvero "I Walk Beside You", facile facile per Petrucci & Co., è la peggiore a mio avviso del disco, però non è cattiva o proprio brutta, ma si vede che è poco ispirata e poco personale a livello di sound: la reputo un omaggio al sound degli U2 che, ovviamente, tecnicamente sono meno rispetto al nostro quintetto. Ma va bene così ci può stare un episodio così.
"Panic Attack" è introdotta dal riff nervoso del timido Myung, che apre le danze ai suoi colleghi proponendo riff pesanti e avvincenti. Questa traccia assieme alla seguente "Never Enough" è ispirata molto al sound dei Muse, ma riesce meglio la prima che la seguente, che reputo la seconda peggiore del disco, con un Rudess che vuole strafare con le tastiere. Si passa a "Sacrificed Sons", il cui testo fa riferimento alla strage del 11 settembre 2001, quindi più impegnato a livello politico. A livello musicale, invece, si pone all'inizio molto drammatico, dovuto anche al cantato di LaBrie che espone non male il suo testo, la parte centrale è puro prog metal strumentale, con cui i 5 ci hanno viziato e abituato. Infine abbiamo "Octavarium", suite divisa in 5 parti, che rende omaggio ai grandi artisti a cui si sono ispirati i Dream, e, fatemelo dire, è una delle più belle composizioni che ho mai sentito da questa formazione, si incomincia da un atmosfera psichedelica di puro stampo Pink Floyd, impreziosita dal continuum, uno strumento musicale innovativo se utilizzato genialmente come fa il nostro Rudess. Si passa poi ad un esplosione di tutti gli strumenti che poi si sfociano in un sound più Genesisiano, con quella chitarra acustica e quel flauto. Poi il pezzo si apre accelerando i tempi e dando energia all'atmosfera piena di movimenti solistici e cose veramente geniali. Ogni elemento è al suo posto in questa suite e si rende protagonista. La parte finale finale è qualcosa di esplosivo che mai si è sentito e che mai più sentirà dai Dream Theater, l'assolo finale poi ci regala un mix di emozioni infinite che non si possono descrivere.
In conclusione, l'album non è il migliore e nemmeno il peggiore, un album poco personale da parte della band, eccelle solo per qualche traccia, tipo "Root" e "Sacrificed", e per la suite, il resto è abbastanza discreto dato che è suonato bene e con grande dignità.
Voto Opera
7,5/10

Recensione(seria-comica) di "Volo di un cazzettino" di Tony Tammaro, a cura di Domenico Grimaudo.

L'artista Tony Tammaro,alias Vincenzo Sarnelli,nella canzone "Volo di un cazzettino" affronta ironicamente,come solo lui sa magistralmente fare,il tema dell'infedeltà amorosa.La donna sposata provoca un uomo,il quale, nonostante abbia meno colpe rispetto alla signora che è la causa primaria del tradimento,non è altri che il complice dell'atto impuro consumatosi nella stanza della signora Gargiulo.Il cazzettino è solo un pretesto,un mezzo,con il quale la donna fa capire esplicitamente i suoi maliziosi desideri ad un sorpreso signore che sarà ben disposto a soddisfarla.Sul finire della storia il marito della donna scopre l'accaduto e la vicenda si scioglie in una tragicomica fuga dell'amante della casa.Questa canzone fa riflettere molto sulla caduta dei valori morali,i quali,non più  saldi come una volta,dovrebbero essere posti alla base non solo dei rapporti coniugali ma anche a quella della stessa vita di ogni individuo.Dal punto di vista musicale e testuale si può notare l'andamento sciolto,libero dell'intera canzone,come ad incarnare la libera discesa del "cazzettino" che con delicatezza va poggiandosi sul muretto del piano sottostante.Infine anche in un ritornello intuiamo questa particolare caratteristica (cazzettini gialli,cazzettini blu); in questo contesto l'uso insistito della lettera "elle" dà quel senso di leggerezza e libertà che il "cazzettino" possiede nella sua accidentale caduta.

Per udire il magnifico brano eccovi il link:http://www.youtube.com/watch?v=zDPfzh1AHkk

Recensione di "Selling England By The Pound" dei Genesis, a cura di Davide Cangiano.

Tracklist

Lato A
1. Dancing With The Moonlit Knight
2. I Know What I Like(In Your Wardrobe)
3. Firth Of Fifth 
4. More Fool Me

Lato B
1. The Battle Of Epping Forest
2. After The Ordeal
3. The Cinema Show
4. Aisle Of Plenty

Siamo nel 1973, dopo due capolavori come Nursery Cryme e Foxtrot, ne arriva un terzo Selling England By The Pound da parte dei Genesis: cinque geni che regalano al pubblico atmosfere e melodie originali e mai banali. Il gruppo formato da Peter Gabriel alla voce, Tony Banks alle tastiere, Mike Rutherford al basso e alla chitarra, Steve Hackett alla chitarra e Phil Collins alla batteria e ai cori mette firma a questo capolavoro che li confermerà come una delle band più tecniche del panorama della musicale in generale e, ovviamente, del rock progressivo. 

Si parte con "Dancing With The Moonlit Knight", dove ad aprire il pezzo è la voce di Gabriel accompagnata da arpeggi di chitarra raffinati, poi entra in scena anche Banks con il pianoforte e poi anche lievemente anche la batteria di Collins. L'atmosfera del pezzo si alza con riff sublimi, ed accelera con un Banks e un Hackett fanno duellare i loro strumenti, infine la canzone cala fievolmente in un arpeggio finale accompagnato dal flauto.
"I Know What I Like", singolo che promuove l'album, è più lineare ed orecchiabile rispetto alla precedente, il pezzo incomincia con effetti che sembrano emulare un tagliaerba, poi il parlato di Gabriel ed uno stacco di batteria fa iniziare la prima strofa cantata da Gabriel. Il ritornello, che difficilmente si dimentica, è cantato alla grande a due voci da Phil e Peter, accompagnati dal sintetizzatore di Banks. Le chitarre sono semplici ma non banali, con quell'effetto orientaleggiante. Il pezzo termina con la melodia del flauto di Peter e con la stessa emulazione del tagliaerba iniziale.
"Firth of Fifth" è, senz'ombra di dubbio, la chicca dell'album, la quale spazia tra momenti di follia da parte di Banks e Hackett e momenti di pura epicità da parte di Gabriel; Collins e Rutherford accompagnano il tutto alla perfezione. Da segnalare anche la melodia centrale del flauto suonata alla grande da Peter. Il pezzo ruota su se stesso alla fine, riproponendo prima il cantato di Gabriel, accompagnato da tutti gli strumenti, e poi la melodia iniziale.
Il quarto pezzo, "More Fool Me" è una ballad cantata da esclusivamente Collins che non prende nemmeno parte alle percussioni, lasciando suonare solo le chitarre. Il motivo per cui Gabriel non ha voluto partecipare alla registrazione del pezzo è perché la riteneva banale e la odiava, forse perché troppo smielata, caratteristica dei pezzi dei futuri Genesis e di Collins da solista, ma "More Fool Me" ne è nettamente al di sopra. 
Il lato B si apre con "The Battle Of The Epping Forest", la quale inizia con una marcetta e poi cambia totalmente con l'ingresso di Gabriel alla voce, la cui interpretazione del lunghissimo testo è davvero sublime e prende quasi tutti e 10 minuti della canzone. Anche gli strumenti non sono da meno, ovviamente. 
"After The Ordeal" è un ottimo pezzo strumentale, che inizia con melodie ed atmosfere quasi baroccheggianti, passando ad un'atmosfera più moderna e leggera. 
"The Cinema Show", a mio avviso, è la seconda chicca dell'album: arpeggi e motivi solistici al punto giusto, Collins nei tempi dispari ci sguazza e Gabriel ci da un'altra prova di un'ottima interpretazione vocale. Regna un'atmosfera alquanto delicata e raffinata nella composizione, tutto dovuto appunto alle chitarre, voci, flauto e ritmiche nette e precise. La fine del pezzo è dominata dai motivi solistici delle tastiere di un Banks eccellente e ispirato, i quali sfociano, accompagnati dalle chitarre e dalle percussioni, nella traccia finale.
"Aisle Of Plenty" è un'esecuzione corale e corta, che riprende le melodie di "Dancing With The Moonlit Knight", facendo sembrare l'opera un serpente che si morde la coda.

Insomma questo è un disco da avere a tutti i costi, se avessi un giradischi comprerei senz'altro l'LP per sentirlo come Dio comanda. Un disco che trovo attuale, eterno ed innovativo, per quello che offre. 

Ah se fosse stato fatto un disco così ai giorni nostri...

Voto opera
10/10