Nel 1988, dopo lo sperimentale “Somewhere In Time” del 1986, gli Iron
Maiden pubblicano “Seventh Son Of A Seventh Son”. L’album presenta, come il suo predecessore, un uso ben
curato delle tastiere, ma quello che va notato in tale album è che ha, per la
prima volta nella storia dei Maiden, un concept curato con una trama, inventata
dagli stessi Maiden, che parla del settimo figlio di un settimo figlio, che è
conteso dalle forze del bene e quelle del male.
Formazione
Bruce Dickinson (Voce)
Dave Murray (Chitarre)
Adrian Smith (Chitarre, Cori e Sintetizzatori)
Steve Harris (Basso, Cori e Sintetizzatori)
Nicko McBrain (Batteria)
Altri musicisti:
Micheal Kenney (Tastiere)
Tracklist
1. Moonchild
2. Infinite Dreams
3. Can I Play With Madness
4. The Evil That Man Do
5. Seventh Son Of A Seventh Son
6. The Prophecy
7. The Clairvoyant
8. Only The Good Die Young
STEP BY STEP
L’album parte con “Moonchild”, che ha un’intro acustica
cantata da Dickinson e accompagnata dalla chitarra di Murray. Essa poi si apre
con un “fade in” di chitarra accompagnato da un riff synth. Il ritmo della
canzone è incalzante e lo sarà per tutta la canzone, con un bridge avvolgente e
con riff e assoli davvero ottimi. Il testo è anch’esso avvolgente ed epico. Il pezzo termina con lo stesso riff synth che si sente
all’inizio.
La seguente è “Infinite Dreams” che varia sui cambi di tempo
e dove le accelerazioni sono veramente epiche. In questo pezzo Harris non solo
fa un eccellente lavoro al basso ma mette su un buon testo che viene eseguito
magistralmente da Dickinson, dando un atmosfera sognante assieme alle chitarre.
“Can I Play With Madness?” è il pezzo meno complicato
dell’album, davvero semplice e immediato, buono come primo singolo. Qui è il
ritornello a fare da protagonista che forse è uno dei più famosi. I synth nel
ritornello sono ottimi e si mischiano perfettamente con il suono delle chitarre
e della voce di Bruce.
“The Evil That Men Do” anch’essa fu scelta come singolo e,
differentemente dalla precedente, ha un ritmo davvero veloce e strutture
musicali davvero complesse ma immediate. Il testo si ispira al discorso che fa
Marco Antonio ai Romani dopo la morte di Giulio Cesare nel dramma di
Shakespeare, Julius Caesar.
La title-track, “Seventh Son Of A Seventh Son”, è uno dei
momenti più epici dell’album, le due asce prima lavorano su ritmica e riff
accompagnando benissimo il basso e la batteria, poi terminano e danno scena a
un giro di basso davvero complesso e con metriche dispari, e infine si aprono
dando vita ad accelerazioni ed assoli mozzafiato. La canzone ha un testo
davvero enigmatico e diabolico che viene interpretato perfettamente da
Dickinson.
L’album continua con la poco conosciuta “The Prophecy” che
prima si apre dolcemente con le due chitarre, e poi da vita a un pezzo dall’atmosfera
medievaleggiante con un tre quarti superbo e con ancora un’ottima prestazione
di Dickinson. Segnalo anche l’ottima outro acustica, sempre un po’
medievaleggiante, da parte di Smith e Murray che sembrano essere giunti da un
altro pianeta.
Nel terzo singolo “The Clairvoyant” si nota con quanta
passione, sincronizzazione e coerenza il gruppo suona su uno dei riff più belli
di basso, partorito da Harris, presente nell’Heavy Metal. Ottimi i cambi di
tempo e di tonalità e ottimo Dickinson ad adeguarsi a tali, interpretando alla
grande il testo scritto da Harris. L’assolo, eseguito al centro della canzone,
è uno dei più complicati che Murray potesse suonare.
“Only The Good Die Young” è la meno conosciuta assieme a
“The Prophecy” (poiché mai sono state inserite in “best of” e suonate dal vivo,
forse fatta eccezione del tour riguardante l’album in questione); il pezzo
presenta la tipica struttura dei Maiden: le accelerazioni, i riff e gli assoli.
E’ presente anche un piccolo assolo di basso di Harris centralmente. La
prestazione è magistrale anche qui da parte di Dickinson. Il pezzo finisce con
la stessa intro acustica che c’è in “Moonchild”.
Commento Finale
In conclusione il settimo lavoro dei Maiden in studio è uno
dei prototipi del Progressive Metal, visti i vari cambi di tempo nelle
ritmiche, ma rimane comunque un capolavoro dell'Heavy Metal. Non c’è niente che non va, sembra essere un qualcosa di
perfetto, che purtroppo non si ripeterà in futuro, vista la mezza-delusione del
seguente “No Prayer For The Dying”, ma i Maiden sapranno rifarsi, anche se non
riusciranno a dar vita ad album simili ed allo stesso livello.
Voto Opera
9/10
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